domenica 27 novembre 2011

I miei temi di Italiano nuocevano gravemente alla salute dentale

Io amo le parole, amo scriverle, elencarle, leggerle.
Amo certe parole scritte dagli altri, certe parole scritte da me, leggere negli altri parole che potrebbero essere mie.
Leggere, insieme a poche altre, è la mia azione preferita.
Quando ho ricevuto in dono il mio primo libro avevo 10 anni: Cosetta, tratto da I miserabili di Victor Hugo, aveva la copertina blu rigida e mia madre si stupì molto che la mia madrina avesse scelto un così bizzarro regalo: «Che te ne fai?» disse.
Poi sono passata ai romanzi ottocenteschi interi: russi, francesi, inglesi… poi al Novecento. Mi sono iscritta a Lettere e lì ho letto di tutto, ma all'università non leggevo più per il gusto di farlo, nel tempo libero, perché era il tempo occupato che occupavo leggendo... 
"Lettere" mi ha cambiato per sempre la lettura: ogni volta che aprivo un libro non era più per conoscere una storia nuova, ma, armata di matita, per analizzarne l'architettura. Era più forte di me.
Solo da poco tempo mi sono riappropriata della naturalezza dell'atto in sé, anche se, certe fisse, per fortuna, non passano più: una bellissima è quella dell'intertestualità... mi sento sempre soddisfatta quando trovo citazioni nascoste, faccio sempre molto caso a “come” è scritto un testo, anche se, ultimamente, riesco a scindere il giudizio stilistico-formale da quello contenutistico.
Al top ci sono i libri che soddisfano tutte le mie ossessioni, poi ci sono quelli che mi piacciono di per sé, quelli che non hanno nessuna pretesa, sono scritti in un italiano fluido senza borie di rivoluzione, eppure mi colpiscono perché certe frasi le trovo scritte lì da qualcun altro, ma io le ho pensate.
Senza saperlo, ho fatto gli stessissimi pensieri, ed è come rileggersi.
Nel post precedente parlavo del libro d’esordio di Fabio Volo, e mai avrei pensato di potergli dedicare più di un post del mio blog, tuttavia, sento l’esigenza di riportare quelli che reputo “incontri” tra me e lo scrittore, in un mondo parallelo, dove risiedono i miei pensieri e spesso converso con autori più o meno grandi.

[…]
Ma parliamo dei miei.
L’ultima volta che sono andato a casa li ho visti in modo diverso, mi sono accorto che stanno invecchiando. Ho sempre dei sensi di colpa nei loro confronti , colpa di tornare a trovarli troppo raramente, colpa di non essere in grado di esprimere quanto li amo, colpa perché dopo un po’ che sono da loro, mi viene voglia di andarmene e tornare ‘a casa mia’.
[…]
Il rapporto con mio padre è diverso da quello con mia madre, perché è un rapporto nuovo, ritrovato: non sembra che sia evoluto, ma improvvisamente è cambiato. Mio padre ora, più passa il tempo, più diventa un figlio.
[…]
Un ricordo di mio nonno  che spesso mi torna in mente è legato alla sua morte. Mio nonno era uno di quelli che non voleva andare in ospedale, uno di quelli che pensava che se fosse entrato in un ospedale ne sarebbe uscito solo morto, e diceva sempre: «Se devo morire, voglio godermi gli ultimi giorni di vita in casa mia».
[…]
Le lenzuola di mia nonna hanno sempre fatto più rumore di qualsiasi lenzuola abbia mai incontrato nella vita, forse perché erano più spesse e resistenti o forse semplicemente perché non usava l’ammorbidente.
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Deodorante, cotton fioc (che sono una goduria quasi come quella sessuale)
[…]
Mi sono detto: «O lo fai adesso o non lo farai più», ma sai qual è il motivo che mi frena, anzi i motivi?
Il primo è la famiglia: anche se non vivo più con loro, posso comunque andare a trovarli, e mi dico sempre che un giorno non ci saranno più, quindi vorrei godermeli il più possibile. Anche se, come ti ho detto, poi alla fine li vedo pochissimo.
Il secondo motivo è questa fottutissima paura del futuro.
[…]
Spesso in un paese lontano scopri le meraviglie della tua vita.
[…]
(Quando mi lavo i denti sputando l’acqua mi piace pulire il lavandino.)
[…]
Voglio accettare questa occasione? […] devo decidere, decidere ora.
Vorrei non doverci pensare […] mi piace anche molto starmene in casa, mi piacciono molto anche le lenzuola pulite e profumate, la luce soffusa, […] il caffè fatto con la moka, la doccia, la vasca da bagno, i cuscini, il computer, […].
L’equilibrio, le carezze e il silenzio.

Vorrei aggiungere solo due cose: 
- di questo libro ho apprezzato l’approccio immaginifico al sesso alla Arturo Bandini (specialmente la storia con Heather Parisi), l’elogio alla “sega”, e l'affermazione: «I genitori migliori sono quelli che non hanno figli, come gli allenatori migliori sono quelli del lunedì al bar. I politici migliori guidano i taxi e il calciatore migliore è quello che non ha potuto farlo perché è stato operato al menisco da giovane»;
- anche mio nonno non voleva morire in ospedale, e penso mi abbia odiata molto quando ho cercato di convincerlo che il ricovero fosse la cosa migliore… poi si è spento velocemente e nervosamente, ma alla fine ce l’ha fatta a morire a casa sua, perché dall’ospedale ci hanno detto di portarlo via dato che non c’era più nulla da fare. È spirato alle 4.30 del mattino e uno degli ultimi ricordi che ho di lui è legato alla sua “vestizione” da morto: ogni familiare gli ha messo un indumento, io le calze, e la sola cosa che mi ha impressionato è stato il suo ciondolare come un burattino mentre lo tenevano seduto per infilargli la camicia, nuova.

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