martedì 5 dicembre 2017

Shall we speak out?

Ieri, mentre il professore top del mio dipartimento ci rinfrescava la memoria sulla teoria di Spivak sul potere locutivo dei subalterni, mi ha fatto partire una sinapsi grottesca. Ho pensato che per un lungo periodo della mia vita sono stata subalterna, e che ho dovuto imparare la lingua del potere per ritagliarmi una fetta di autonomia. Ed in quel momento, quando ho realizzato che continuare a parlarle nella mia lingua non sarebbe servito a un cacchio, mi sono un po' prostituita, ho smesso di essere subalterna tra i subalterni, sono entrara nel rango di chi attraverso il linguaggio del padrone esercita le sue piccole libertà, i suoi piccoli diritti. Ho anche pensato che, come dichiara l'artista Finotto in una delle belle interviste del suo libro, anche a casa mia non c'erano molti libri quand'ero piccola (a parte quelli di economia di fratemo), che l'enciclopedia dei bambini comprata per avere in regalo il pupazzo di Snoopy era ferma alla r, e che quando dopo un po' ho iniziato a comprarli io "facevano disordine". Allora, visto che questo Natale la mia libreria si deve svuotare, smontare, trasferire, rimontare e ri-riempire, mentre viaggia verso casa nuova, i miei libri possono fare un po' di disordine nel salotto del potere, sotto forma di albero natalizio-equino-troiano: una specie di rivoluzione interna e silente in lingua straniera.