sabato 22 settembre 2018

Sono tornato (2018)

Sono tornato (di Luca Miniero) si apre in una Roma multiculturale, fatta di bambini di tutti i colori che parlano romano. Si fa subito un poco di retorica scontata sullo ius soli con la frase "qui siamo tutti italiani" pronunciata appunto da questa prole senza diritti. Poco lontano si sta consumando una tragedia, ovvero, il ritorno (la resurrezione?) di Benito Mussolini di persona personalmente, esattamente come l'avevamo lasciato. All'inizio il duce è confuso, non capisce che sono trascorsi decenni dall'ultima volta in cui è stato vivo, e non capisce la presenza a Roma di tutti quegli "abissini" e "musi gialli". Finché davanti a un'edicola, di fronte alla testata giornalistica che annuncia ottime notizie in favore dei matrimoni gay, sviene. Da lì è un'escalation in cui Mussolini sfodera tutta la sua sagacia mediatica ritrovandosi in una contemporaneità che amplifica esponenzialmente la sua propaganda, abitata da una ciurma di imbecilli (purtroppo questi non hanno nulla a che vedere con la finzione) che lo anelano. I suoi motti diventano contenuti condivisibili online, mentre in giro per un'Italia purtroppo troppo simile a quella reale, il duce si ringalluzzisce, sulle note di Giuseppe Verdi e Toto Cutugno, niente di meno. Cavalca le "diavolerie moderne" che pure detesta, e incontra gente che "non ha mai votato" eppure si lamenta di chi la governa, gente che vorrebbe una cacofonica "dittatura libera" e ha il livello culturale di un'oca neanche delle più giulive e la memoria della nonna della suddetta oca affetta da demenza senile. Diciamo che l'italiano medio non ci fa una gran bella figura, e che viene palesato il razzista, qualunquista, populista, tuttofobo che c'è in lui. Il film, che tra l'altro è un remake, a mio giudizio avrebbe potuto sfruttare molto meglio il suo potenziale, ma tutto sommato si lascia guardare lo stesso.

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