venerdì 14 giugno 2019

Un anno e mezzo d'estate

Quest'estate forzatamente prolungata fa percepire al mio corpo gli acquazzoni giornalieri come quelli di fine stagione in Sicilia, quelli che da tanti anni ormai non mi godo più. Come quando a fine agosto montavano le giostre sotto casa mia e tutto quel borbottare del cielo dopo pranzo mi faceva mettere in dubbio la mia sacrosanta uscita serale, salvo poi smettere lasciando l'aria un po' più fresca, e a me la possibilità di indossare "il maglioncino".
Ma queste non sono bombe d'acqua siciliane, bensì tempeste tropicali, l'aria non si rinfresca ma diventa ancora più insopportabilmente appiccicosa, e non è la fine dell'estate, ma solo l'inizio. L'estate in cui sei nata tu, Laracita, quella in cui siamo rimasti intrappolati a Miami, in questa jaula de oro, per molti più mesi di quanti ce ne aspettassimo, perché le tortuose vie per il "sogno" americano sono lastricate di "ma siamo sicuri che valga la pena?", "vaffanculi" e "quanti ni sanu?!". Di fatto, negli USA queste strade sono le uniche a non essere ampie né dritte.
Questa è l'estate degli sbalzi d'umore e delle crisi di pianto, come quella di quando ho scoperto che non saremmo potuti essere in Sicilia neanche a Natale. Ma anche l'estate in cui ho realizzato che forse, tutto sommato, era meglio che la Sicilia venisse da noi, a rilascio graduale come le flebo di ferro e senza creare rischiosi sovra-dosaggi o interazioni con altri farmaci (che già mi procurano parecchi effetti indesiderati a distanza come insonnia e improvvisi scatti d'ira).
Questa è l'estate che ho trascorso in astinenza da ricotta di pecora, tinnirumi, cieusi e nipoti, e anche da un'idea di estate che purtroppo, ormai, è solo nella mia testa, fatta prevalentemente di accaldati e attesissimi momenti conviviali. L'estate in cui mi sono sentita vicina alla nonna Cuncittina per stazza, gonfiore, riflusso, andatura e bestemmie. Quella in cui ho portato la tesi a buon punto ma non mi sono dottorata, né ho lasciato crescere le mie unghie di un millimetro per via di dubbi e certezze che mi martellavano la testa. La stessa in cui andavo spesso in piscina a spaventare i bambini del camp estivo con la mia figura sottile e le mie caviglie affusolate. Quando abbiamo finito l'olio di casa, il parmigiano e i biscotti. Quando non abbiamo fatto AmiCaFest, quando non abbiamo dormito in via Boccaccio.
Questa, Laracita, è l'estate in cui io e papacito ci siamo preparati alla tua venuta e abbiamo fatto spazio per te nel nostro cuore, nel nostro 1bedroom, ma anche nella nostra (recentemente acquisita) 7posti*! Quando tutte le sere dopo cena ci mettevamo sul divano a stuzzicarti  e papacito ti chiamava "Laraaaaa Laraaaaaaaaaaaaaa" per vedere che forma facevi prendere alla mia pancia e per indovinare se ciò che sbucava fosse un ginocchio, un piedino, un culetto. L'estate in cui ho scoperto che esisteva una gradazione sentimentale ancora più alta con cui avrei potuto amare il nostro eroe senza macchia e senza paura**, e in cui tutto il resto del mondo mi dava più o meno ai nervi (ma diamo la colpa agli ormoni!). Ma anche l'estate in cui tante persone non vedevano l'ora di conoscerti e sono state molto generose con noi, ognuna con i propri mezzi e le proprie propensioni, e in cui il tuo corredino è arrivato direttamente dal Vecchio Continente insieme ai confetti rosa.
Anche se già hai viaggiato parecchio come bagaglio speciale (Miami, Orlando e la costa che li divide, Atlanta, LA, Irvine, Roma, Catania, Ragusa, Vizzini, Grammichele, Istanbul, Boston), la prossima estate sarà quella in cui metterai piede in Sicilia per la prima volta, e spero che la troverai fantastica come a volte sa essere, che l'affetto e le granite ti circonderanno, che coglierai solo le cose belle (almeno finché potrai) trascorrendovi settimane serene e gioiose con parenti e amici - che conosci o che conoscerai - che ti vogliono già un gran bene. Nel frattempo, tanto per cambiare: estate e zero maglioncini!
*Quando la macchina (regalata) "capi quantu voli 'u patruni" più della casa!
**Che non è mai stato più esausto di combattere contro i mulini a vento (che prima erano italiani e ora sono americani), ma che nonostante tutto ci fa scudo col suo incommensurabile istinto materno.