martedì 23 ottobre 2018

Ti conoscevo appena, non so nemmeno se preferivi che ti chiamassero Francesco o Giovanni. Sapevo pochissimo di te: che eri romano, che le tue origini erano siracusane, che avevi ottenuto un visto per qualità straordinarie.
La prima e l’ultima volta che ti ho sentito parlare me le ricordo benissimo. La prima volta hai detto: “che cazzate!” all’orientation di due anni fa, e sono rimasta sorpresa perché non sapevo ci fosse un nuovo professore italiano in dipartimento. Così italiano da trovare insopportabilmente inutile il Conflict Management Workshop che ci stavamo sorbendo, dico. L’ultima volta invece hai detto che insegnare ITA 101 qui era un’esperienza interessante, che quel giorno avevi avuto “l’osservazione” e quindi eri rimasto dentro i ranghi. Sembravi contento, hai detto che in fondo ti piaceva... ti piaceva far cogliere agli studenti le differenti sfumature semantiche del lessico inglese e italiano. Avevi menzionato la parola “dark” dicendo che era molto più carica della parola “buio”. E poi hai detto che sarebbe stato bello organizzarci per una pizza tra italiani...
Da stamattina non faccio altro che pensare a te e, nonostante la tragedia, mi sembra un po' eccessivo. Poi alle 2:30 ho saputo anche che avevi una famiglia, e adesso non riesco a smettere di pensare a loro e al loro dramma. Mi spiace davvero tanto.

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