martedì 6 dicembre 2011

Salvavita Pischelli

Era la fine di novembre del 2000, e noi eravamo la V B: una classe terribile, composta da undici femmine e un maschio; facevamo a gara a chi faceva meno, e se qualcuno si azzardava a fare i compiti, gli altri lo prendevano come un affronto personale; una classe litigiosa e lunatica, una classe media, "mediamente isterica".
Quel giorno arrivarono due assistenti sociali di una casa-famiglia del circondario che volevano promuovere la Giornata mondiale della lotta contro l'AIDS nella discoteca del paese, e per quest'evento avevano indetto una selezione per la creazione di un manifesto con relativo slogan.
Si erano rivolti a noi in quanto Liceo Artistico, e noi abbiamo accolto con entusiasmo l'ipotesi di vedere affisso un manifesto con su scritto "realizzato dalla V B" addirittura all'Unzunz!!! (che figata)
La classe si è divisa nelle solite fazioni e abbiamo fatto dei bozzetti che abbiamo consegnato in mezz'ora alla tipa... beh, la casa-famiglia ha mandato in stampa direttamente il bozzetto, e noi ci siamo rimasti  un po' male perché l'avessimo saputo prima ci saremmo impegnati di più già nella fase dello schizzo, però eravamo contenti e orgogliosi del nostro bel mappamondo coperto da un enorme preservativo, e delle zone dove questo non era ancora srotolato, piene di puntini rossi che indicavano le parti della terra ad alta percentuale di contagio (sull'esattezza cartografica stenderei un "telo" pietoso, giacché nella foga del momento, novelli esploratori, scoprimmo terre mai emerse, e le disegnammo pure), ma la cosa più bella era il motto: Il mondo ha bisogno di lattice per preservarsi dall'AIDS.
La classe era finalmente unita e soddisfatta, avevamo avuto in dono delle magnifiche spillette col nastrino rosso, la vita ci sorrideva... quand'ecco che, il nostro giovane professore di religione ci spense con poche lapidarie parole: «Quel vostro manifesto è una vergogna: non c'è bisogno di lattice, ma di amore per preservare il mondo dall'AIDS»! Dopo un attimo di perplessità tornammo la classe apatica di poco prima e ci incolpammo a vicenda dell'imprecisione della bozza, delle assurdità geografiche, di quella frase "immorale".
Oggi per fortuna i ragazzi li usano i preservativi, non si travestono più da Diabolik per comprarli, e non hanno più vergogna di adulti benpensanti, ma dieci anni fa c'erano molte più remore - amore o non amore - nonostante ci trovassimo in un paese "civilizzato" e "acculturato"... Oggi direi al "miope" docente: «C'è bisogno di onestà intellettuale per preservarsi dalla retorica, prof»!

 

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