sabato 21 settembre 2013

I piccioni di piazza San Marcos

La settimana è stata pesante e velocissima, ha piovuto e piovuto, ho fatto chilometri a piedi, rischiando la vita numerose volte, e il finesettimana non aiuterà.
Stamattina mi sono svegliata con due pensieri fissi: la rata della tuition e i muffin* che abbiamo comprato ieri sera per stamattina. Ma è stata una "colazione con (tentato) delitto", perché mentre i miei canini affondavano felici dentro il muffin ricotta e fragola, e le mie orecchie ascoltavano infelici e distratte assurdi e superstiziosi assunti al telefono, la mia attenzione veniva catturata da un gigantesco scarafaggio che faceva dei movimenti inconsulti proprio sul canale di Panama del mio planisfero appeso alla parete, ed era talmente grosso che faceva ombra a tutto il Sudamerica (adesso mi sto chiedendo se in Nicaragua hanno delle catene montuose davvero così alte, oppure le strane flessioni dell'animale erano solo dovute a una fortuitamente risolta stitichezza).
L. con uno scatto felino e la scopa, ha fatto fare un volo all'essere abnorme fino al pianerottolo, attraverso il portone sapientemente aperto, ed è stato lì che siamo venuti a conoscenza di un biglietto che recava le seguenti parole:
Hey,
my name is Ian and I just moved in.
I'm having a house warming party tomorrow night at around 8pm. I'm going to be making some dove poppers.
Feel free to bring friends & beer!
Ian Apt. #838
Ora, a parte il timore che oltre al protagonista di Walker Texas Ranger che vive di sotto e mi asciuga la biancheria a suon di rutti, sia approdato nel blocco 8 di Hill Country Apartments pure il personaggio principale di Do No Harm (che quindi, ogni sera dopo le 8.25 ora locale comincerà a dare di matto per ben dodici ore), la mia preoccupazione sono i dove poppers, ovvero gli involtini di piccione!


A questo proposito, volevo condividere con il mio milione di lettori una digressione linguistica, ovvero lo strano procedimento per cui gli americani accolgono delle parole - specialmente culinarie, ma non solo - dalla nostra lingua privandole del tutto o in parte del loro significato. Per esempio, non è possibile che i nostri simpatici amici del nuovo mondo chiedano "latte" alla caffetteria e si fornisca loro caffè-latte, perché poi, quando vengono in Italia e al bar chiedono "latte" e si mette loro sul bancone del latte, quelli si straniscono! Oppure, il cosiddetto "americano": va bene che quella volta, quel barista italiano che ha dovuto ingegnarsi per modificare l'espresso a quel turista americano, ha dovuto per forza di cose allungarlielo con l'acqua calda rendendoglielo così più appetibile (e così è rimasta la terminologia) ma, non capisco che motivo c'è di importare qua sia la bevanda che il suo nome! Che senso ha andare da Starbucks qui e trovare l'opzione "americano" tra coffee e espresso?
Come componente della giunta accademica dovrei trovare rimedio a certe piaghe lessicali, dovrei ovviare a problematiche del genere con penalità durissime, dovrei anche eliminare la parola success e tutte le sue declinazione dal vocabolario statunitense, e invece, mi devo adoperare per trovare tremende punizioni per chi fuma dentro e in prossimità del campus (maro'!) e trovare una risposta cortese per chi pretende che, dall'alto della mia carica, io possa intercedere nell'eliminazione di una multa per parcheggio in divieto aggravato perché in zona disabili!!!

Adesso vado a buttare le ballerine usa e getta, che ho indossato pure ieri, incurante del fiume che mi scorreva sotto i piedi (per fortuna caldo) per distruggerle definitivamente, e vado a mettere insieme alcuni degli ingredienti senza nichel che ho comprato... poi pulizie, piscina e il sabato in men che non si dica sarà finito, lasciando posto all'autunno texano e una domenica di "compiti", come li chiama mia madre, alludendo alla scrittura della tesi: avrà preso lezione dagli americani per dare un nome alle cose :)


* Una chicca terminologica: le maniglie dell'amore in inglese si chiamano muffin top!!!

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