Due
anni fa, quando seduta al mio solito posto, con la tv accesa sul mio solito
canale, mi preparavo ad affrontare un altro gelido inverno con quelle finestre
di carta velina, non sapevo che le avrebbero davvero cambiate non appena
avessimo fatto armi e bagagli.
Un
anno fa, quando vedevo il tempo che passava senza che nulla mutasse, e il
"non fare" era parte di una routine interrotta però da incontri
salvifici, non sapevo che avrei avuto un blog né, TANTOMENO, che sarei venuta a
vivere negli Stati Uniti.
Un
mese fa, quando appena arrivata sentivo la gente aprir bocca senza comprendere
altro che parte del senso generico del discorso e qualche suono, non sapevo che
avrei riso a battute in inglese davanti a una birra né che avremmo avuto
qualche amico pronto ad insegnarci il proprio apparentemente omofono alfabeto.
Qualche
giorno fa, quando pensavo che la settimana stava procedendo a gonfie vele e che
nel finesettimana avrei aggiornato tutti di questo, non sapevo che questo post
sarebbe stato pervaso da uno strano senso di malinconia, non interamente giustificabile.
Forse
è la pioggia, che amo, e che mi riporta indietro: mi riporta a casa, a quelle
che ho considerato "casa" ogni volta, e alle persone...
Forse
è la velocità con cui in un mese sono passata da estate, a estate +++, a
autunno, che tira giù nel sifone i miei capelli, giù dalla bilancia i miei
chili, e giù dai miei occhi un paio di lacrime.
Post
tristi, pioggia e lacrime sono utili, però. Lo so.
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