Per cominciare mi va di riportare alcune righe tratte da due email di
saluto-ringraziamento da poco giuntemi dai miei "capi":
[...] Muchas gracias por estar
al tanto de todo. De verdad que se agradece trabajar con alguien tan
responsable [...].
[...] I can say that you
have impressed quite a number of faculty in the department with your
willingness to work and your ability to complete projects on time [...].
Io penso di aver fatto solo il mio dovere quest'anno, e - qui posso essere
sincera - mi sono molto più divertita a lavorare che non a studiare,
perché io non mi sento più una studentessa da un pezzo, e quella dello studio è
solo una copertura: avevo una gran voglia di lavorare, perciò ho fatto del mio
meglio... e sembra se ne siano accorti! Poi ho anche studiato, per quanto il
concetto di studio statunitense sia radicalmente differente dal mio personale
metro, ma va bene, in fondo ho anche imparato qualcosa che non sapevo, ho visto
dei bei film, letto bei racconti, e ripreso dimestichezza con un vecchio amore:
la linguistica.
Il prossimo semestre sarà molto più impegnativo di quello appena trascorso,
sia per me che per L. il quale è contento a sua volta, per una serie di ragioni
tra cui riconoscimenti vari al suo merito artistico e didattico (primo tra tutti
l'obbiettivo raggiunto di fare appassionare al pianoforte una bimba di cinque
anni), la fantastica e indimenticabile avventura newyorkese, e le ottime prospettive future (meno per il frequente
incontro nel mondo della musica di stronzi di piccola taglia e per questo forse
ancor più fastidiosi, come i micro-cani che soffrendo di qualche complesso di inferiorità
abbaiano rabbiosi al mondo).
Adesso abbiamo tre settimane di transizione: L. studierà per il festival che
lo porterà all'attenzione di importanti professori che verranno appositamente
da università che contano; io preparerò me stessa all'estate, alla Sicilia,
all'Italia più in generale ma anche al prossimo semestre e addirittura al
successivo, nonché ultimo. Rifaremo il TOEFL per le ammissioni al dottorato, ma
stavolta con occhi diversi, non solo perché adesso un po' d'inglese lo
sappiamo, ma anche perché ora ci rendiamo perfettamente conto di quanto questo
esame sia totalmente calato nella realtà in cui viene concepito, e non sia qualcosa
di assolutamente alieno come lo consideravamo prima. Fa parte di una realtà a
tempo, svelta, dove la qualità conta molto relativamente, ma dove ha di gran
lunga più peso la quantità, meglio ancora se corrispondente alla quantità
monetaria. Una realtà dove importa che tu "appaia come" piuttosto che
"sia", una realtà dove non c'è cosa che non si possa comprare, dove la
superficie è fondamentale, che si parli di pulizia o di preparazione.
Ma io mi accontento e godo: godo perfino nel vedere scene che pensavo essere
solo da film e invece... di fronte a una famelica sala di ingurgitatori di ali
di pollo scorgo chi, tra applausi e tifo da stadio, fa una plateale proposta di
matrimonio alla pulzella che, con ancora le mani unte della salsa superpiccante,
non perde tempo ad infilarsi l'agognato anello al dito! Godo nel vedere tux, e limo al
prom, o cerimonie di laurea degne dei migliori telefilm (genere di cui gli
americani sono indiscutibili maestri, non c'è che dire)!
Una realtà che, in ogni caso, nonostante tutto, al momento mi sta meglio di
quella italiana, forse perché, come ho già detto in altre occasioni, non mi
appartiene, la guardo soltanto, dal mio nuovo divano, così come guardo Grey's
Anatomy, mentre la pasta della pizza lievita e il bucato asciuga al sole,
mentre la mia amica araba mi scrive da Riyad e i futuri sposi più belli del
mondo mi mandano le loro pubblicazioni, mentre la mia amica toscana prende con me
un caffè virtuale da Prato e la mia amica abruzzese mi manda da San Lazzaro le
foto della sua splendida bimba, mentre la mia amica napoletana mi chiede a che
ora mi trova in casa per chiamarmi da Bologna ed io aspetto che passino poche
settimane per riabbracciare tutta la mia famiglia.